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Intervista a Giusy Versace – Una vita senza tacchi a spillo

scritto da Laura Boni

Quando si sente nominare Giusy Versace, la prima domanda spontanea che sorge ai più è: Ma quel Versace? La storia che questa ragazza solare ha da raccontare, però, è molto più interessante e profonda, che la singola parentela con i fondatori della casa di moda; Giusy, infatti, a 28 anni aveva tutto quello che molti possono desiderare: un lavoro importante nel mondo del fashion, una bella presenza, un fidanzato. Giusy, però, a 28 è rimasta vittima di un gravissimo incidente stradale, dal quale è sopravvissuta per miracolo, ma dove ha perso entrambe le gambe. E’ così che è iniziata la nuova vita di Giusy, tra protesi, dolore, tante difficoltà, ma anche grandi conquiste e vittorie; grazie ad una grande voglia di vivere e il sostegno della sua famiglia, ha continuato ad andare avanti, sempre con il sorriso sulle labbra.

Giusy Versace è stata prima donna in Italia a correre senza due gambe (con l’ausilio di protesi in carbonio), ha ottenuto tanti successi sportivi ed entrata tra le finaliste per le Paraolimpiadi 2012, ma per scelte tecniche della Federazione non è andata a Londra: “Mi sono comunque divertita a commentarle come ospite di Sky” racconta. Giusy si occupa anche della sua Onlus, Disabili no limits, che tra le altre attività, raccoglie fondi per donare sedie a ruote ultraleggere e protesi in fibra di carbonio, per attività quotidiane e sportive a sostegno di coloro che vivono condizioni economiche svantaggiate. “Sono tornata a lavorare nel mondo della moda, ma in maniera meno pesante, come consulente e mi occupo più che altro di formazione. Oggi ho una vita piena e ricca di altre cose che mi riempiono di voglia di vivere, lavoro molto meno” confessa.

Per condividere la sua storia ispirante, Giusy ha scritto un libro, Con la testa e con il cuore si va ovunque: “Ho iniziato il racconto dall’incidente perché è un momento che io ricordo molto bene e che avevo bisogno di raccontare sia per me, per esorcizzarlo, sia perché penso che se devo narrare la mia storia non posso non parlar di tutto il dolore di quella situazione iniziale, della forza che c’è voluta per arrivare dove sono ora e delle persone che mi hanno aiutato” ha raccontato Giusy a Ginger Generation.

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Tu lavoravi nel mondo della moda, amavi le scarpe col tacco, come è cambiata la tua femminilità da quando hai perso le gambe? Ho sentito tuo fratello che raccontava che ti fai preparare le gambe da mare abbronzate, con lo smalto.

(Ride) Beh io ci tengo all’estetica, ma non ne sono ossessionata, sono molto acqua e sapone, posso uscire senza trucco tranquillamente. Lavorando nella moda ed essendo cresciuta in un mondo dove l’immagine è importante, mi dava fastidio l’idea di andare al mare abbronzarmi e avere attaccate queste due gambe bianche. Non mi dava fastidio andare in spiaggia con le gambe finte, ma andarci con due gambe finte orrende! C’era la possibilità di averle carine, col french, abbronzate, depilate, quindi l’anno dopo me le sono fatte fare così. (Ride). Sempre gambe finte sono, ma mi sento più a mio agio, io non lo faccio per gli altri, ma per me stessa. Sentirti sicura e bene con te stessa è la chiave di tutto.

Hai detto di “Aver scoperto il bello di correre quando hai perso le gambe”. Come è iniziato il tuo rapporto con lo sport?

Lo sport è stata una scoperta casuale, io ero sportiva, ma non ero un’atleta. Mi è sempre piaciuto tenermi in forma, ma a tempo perso. Ora ho dovuto prendere coscienza che, da quando ho due gambe finte molte cose non le posso più fare, non posso giocare a tennis, non posso fare spinning, ma posso correre. Ho capito che certi limiti posso essere superati. Il mio ragazzo era un’atleta quando l’ho conosciuto e mi ha trasmesso la voglia di correre; mi chiedevo, però, perché dovrei correre ora e rischiare di compromettere il lavoro fatto in cinque anni dall’incidente?! Ho iniziato anche un po’ per ripicca le persone che sostenevano che non potessi correre per tanti motivi. Mi sono infastidita e l’ho vista come una sfida! Volevo dimostrare che potevo farcela e grazie al sostegno di mio fratello e al mio ragazzo ce l’ho fatta. Poi ho iniziato a correre, a vincere e ci ho preso gusto. (Ride). Ma non avevo bisogno di una medaglia, lo faccio per me stessa, per le emozioni fortissime che provo quando corro.

Tu nel libro hai scritto: “Non tornerei indietro”. Perché?

Perdendo le gambe ho imparato tantissime cose che forse ci avrei messo una vita ad imparare. Se avessi una bacchetta magica e un solo desiderio cosa sarebbe? Il primo non sarebbe sicuramente riavere le gambe. Chiederei cose che potrebbero far bene alla mia famiglia e ai miei cari, per tutto quello che loro hanno fatto per me. Molti quando lo dico non ci credo, ma è così!