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Dopofestival: recensione al programma conclusivo di Sanremo 2017

scritto da Claudia Lisa Moeller

Il Dopofestival era nato come un sorbetto al limone da gustare dopo una cena pesante. Dopo una brande abbuffata, ecco la bevanda fresca e conciliante della digestione. Un sorso di vitalità e allegria dopo la cerimoniosa Sanremo. Quest’anno c’è stato servito un altro pasticcio pesante e mal preparato. Dopo una cena lunga, infinita ancora è toccato un altro interminabile blocco sul Festival.

Il Dopofestival appunto. Ufficialmente in onda alle 00.35, in realtà molto più tardi. Quando finisce il Festival, ecco che possono spuntare Nicola Savino e la Gialappa’s Band. Se già Sanremo si spinge oltre le una di notte (ma perché poi?), ci chiediamo il senso di una trasmissione sul Festival che duri almeno un’altra ora tutta su Sanremo.

Inoltre non basta il goffo Nicola Savino sempre tanto caro, ma dallo scarso piglio pungente per far decollare il Dopofestival. La Gialappa’s Band mai sono stati così sprecati. Se facevano ridere i loro video dei momenti highlight di un reality show a caso, non hanno molto senso nel commentare ogni serata i momenti clou di Sanremo. Tanto più in questo Festival decisamente sottotono e sciatto non si capisce cosa ci sia da commentare. Avrebbero avuto molto più senso alla fine di Sanremo, di tutto Sanremo, i loro commenti.

Ospiti importanti non pervenuti. O meglio gli unici perenni ospiti sono i giornalisti, possibilmente critici di qualcosa. Anzi cattivissimi critici che danno non più di 3 ½ come voto. A cosa, non si sa. In base a cosa, ancora meno. Nemmeno il senso della loro fissa presenza è chiaro.

Mi sfugge personalmente il senso che un critico televisivo sia a Sanremo e non a casa sua davanti alla tv per commentare. Mi chiedo cosa ci sia di più a Sanremo che nel suo salotto. Comunque il plotone appollaiato in prima fila sentenzia e motteggia. La migliore domanda finora sentita è stata la seguente. Una giornalista con fare sicuro e sprezzante del pericolo pone alle giovane promesse sanremesi una domanda. Domanda davvero scomoda. Sì, perché proprio i giovani neofiti vanno messi con le spalle al muro!

Ma come l’avete presa che molti big in gara non sapevano chi foste?

E alla domanda cafona, oltre che dal senso discutibile, risponde un giovane a muso duro giustamente:

Neanch’io conoscevo alcuni big in gara. Tipo Michele Bravi. Con questo?

E sì, perché non fare domande scomode a giovanotti che per la prima volta hanno l’onore di salire sul palco dell’Ariston? Che poi qualcuno notava solo che la risposta era forse poco garbata, ma la domanda era degna del migliore bon ton. E soprattutto senso. Io la prossima volta rincarerei la dose e chiederei a qualche concorrente dei “big” in gara qualcosa come: “Ma lo sai che la tua canzone prima di Sanremo non l’ha mai sentita nessuno? Ti senti in colpa?”

Che Dopofestival è uno senza ironia, carica corrosiva e divertimento? Ah sì, l’imitazione del giornalista D’Agostino, il grande momento risate pazze. Ma cosa c’entra l’imitazione del giornalista al Dopofestival? Non c’erano altri personaggi? Che so, la butto lì: anziché prendere di mira Sandra Milo non si poteva imitare Queen Mary al Festival o al Dopofestival?

Voto: 6-, in parte non è colpa loro se c’è molto poco da commentare.

E tu cosa ne pensi di questo Dopofestival?