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Italiani di Emergency arrestati in Afghanistan

scritto da Francesca Parravicini

Una vicenda che sta dividendo le opinioni, sia in Italia, dove è chiamata in causa una delle ong più importanti, sia all’estero tra le autorità afghane e gli organi internazìonali. Ecco ciò che è successo.

L’antefatto

Tutto ha avuto inizio a Lashkar-Gah in Afghanistan, dove sabato 10 aprile tre operatori italiani di Emergency, il tecnico della logistica Matteo Pagani, il chirurgo Marco Garatti, l’infermiere Matteo Dell’Aira e sei colleghi afghani sono stati trattenuti con la pesante accusa di voler attentare alla vita di Gulab Mangal, governatore della regione dell’Helmand; prova di ciò sarebbe stato il ritrovamento di pistole, granate e cinture esplosive in un magazzino dell’ospedale in cui stavano lavorando. Non è molto chiaro chi siano stati i fautori dell’arresto: se da un lato Emergency sostiene che sia stata opera della collaborazione tra Isaf (una missione internazionale di supporto al governo dell’Afghanistan) e Nato, dall’altro arriva una smentita dalla Nato stessa e dal portavoce dell’Isaf, Eric Trembley. La posizione di Emergency è avvalorata dalla presenza di un video in cui si vedrebbero soldati dell‘Isaf e afghani che perquiscono l’ospedale e trovano le armi.

Un parere autorevole

A difendere a spada tratta gli italiani è soprattutto Gino Strada, fondatore di Emergency: "Siamo scomodi perché abbiamo denunciato che veniva addirittura impedito di assistere questi feriti. Sono in molti in questa zona a partecipare all’occupazione militare, fra cui gli italiani. Le accuse mi sembrano delle assurdità talmente grosse da non prenderle in considerazione". Dunque la posizione di testimone scomodo dell’associazione non sarebbe gradita alle autorità locali, in una regione, quella di Helmand, in cui le violenze verso i più deboli sono all’ordine del giorno.

Gli ultimi sviluppi

Domenica mattina l’ambasciatore italiano a Kabul Claudio Glaentzer è riuscito a incontrare i tre ostaggi, trovandoli in buone condizioni. Intanto in Italia sono state raccolte 350 mila firme di solidarietà ed è stato organizzato un raduno a Roma per sabato prossimo. Ora si aspetta solo che vengano liberati.