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GingerGeneration.it intervista Irama: “registro i miei pezzi al buio!”

scritto da Alberto Muraro

Ieri pomeriggio GingerGeneration.it ha avuto il piacere di farsi quattro chiacchiere con Irama, giovane cantautore lombardo balzato agli onore delle cronache musicali lo scorso febbraio grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo 2016 con il brano Cosa resterà.

Irama, nonostante la giovane età (appartiene alla classe del 1995) ha le idee molto più chiare di tanti altri suoi colleghi e persino un pizzico di “swag”, se così possiamo chiamarla, maturata di certo quando il rap era il suo principale genere di riferimento. Ecco cosa l’artista ci ha raccontato riguardo al suo percorso, al suo primo disco omonimo e ai suoi prossimi progetti!

Ciao Irama. Prima di tutto, come preferisci essere chiamato? 

Preferisco Irama, piuttosto che Filippo.

Ci spieghi un po’ il significato del tuo nome? Da dove l’hai pescato?

Sì, Irama significa “ritmo” in lingua malese. La parola nasce nel mio periodo “rap” quando andava di moda trovare un nickname da writer, presente no? Alla fine a me piacciono molto le culture diverse dalla nostra, mi sono imbattuto in questa parola e mi è piaciuta, così ho deciso di usarla come mio pseudonimo.

Il tuo ultimo singolo, Non ho fatto l’università, è un pezzo estivo e, se mi passi il termine, ha un po’ le caratteristiche del tormentone? Ti ci rivedi in questa definizione?

In realtà non molto, anche perché non apprezzo le categorizzazioni. Fra l’altro la canzone ha un significato più profondo del classico pezzo da classifica, si rivolge alla generazione di giovani attuali, che io definisco “moderni decadenti”.

Ci puoi spiegare un po’ meglio cosa intendi?

C’è una frase nel pezzo che dice “siamo moderni decadenti con poesie nei server”. Sto appunto parlando dei giovani di oggi, che spesso hanno tanto da dire ma affidano le loro poesie ad internet. In questo senso i social hanno cambiato molto le cose.

Il tuo genere è molto particolare. Riusciresti ad inquadrarti in una categoria?

In realtà no, nel senso che sono partito con il rap ma adesso come adesso non ti posso dire che faccio rap, faccio qualcosa di diverso rispetto a quello che puoi sentire in circolazione, farei fatica a trovare una categoria. Quello che ti posso dire è che mi sento un cantautore adesso e così mi piacerebbe essere chiamato, la mia arte è molto importante.

Secondo te la scena italiana attuale ha qualche limite?

Penso di no, anzi, ci sono un sacco di bravi artisti italiani in circolazione, secondo me attualmente la scena italiana è in crescita!

Ho ascoltato il disco e ho percepito una certa aggressività nei tuoi pezzi, per non dire rabbia. Mi sto sbagliando?

Diciamo che il mio tono di voce graffiato nelle canzoni da questo punto di vista gioca un suo ruolo. Non necessariamente, comunque, le mie canzoni sono aggressive: in certi casi più che di rabbia ti parlerei di foga, sento una forte carica che mi spinge forse ad “alzare i toni” anche in canzoni che in realtà non sono rabbiose. Per me la musica è un momento molto importante, pensa che quando sono in studio di registrazione chiedo sempre di stare al buio (magari con una biretta) per concentrarmi meglio!

E tu nella vita di tutti i giorni che musica ascolti?

Ascolto di tutto, dai grandissimi classici della musica italiana (miei punti di riferimento) come Francesco Guccini o Fabrizio de Andrè passando per Stromae e Kendrick Lamar. La cosa interessante è che questi artisti, per quanto possano sembrare diversissimi, raccontano tutti a modo loro (con la loro poesia) spaccati di vita vissuta, spesso difficile.

Un’ultima domanda: cosa si devono aspettare i fan di Irama da qui a breve?

Sto già lavorando al nuovo disco. Di certo sarà legato da un filo conduttore unico, ma non posso parlare di un concept album. Irama, il mio primo disco, era una manifestazione di una sfumatura diversa della mia personalità; non sarà la stessa cosa nel nuovo disco, però è per farti capire che sarà comunque presente un fil rouge.

Qui sotto trovate Non ho fatto l’università di Irama, che ringraziamo per l’intervista: che ne pensate?