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Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 1: Il perfetto inizio di un epico finale. Recensione!

scritto da Laura Boni

Tributi, finalmente il giorno tanto atteso è arrivato: oggi, 20 Novembre, arriva nelle sale italiane Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 1. Noi di Ginger Generation l’abbiamo visto in anteprima ed ecco cosa ne pensiamo! Attenzione! Se non avete letto il libro, questa recensione può contenere spoilers!

Noi ci abbiamo messo un anno per riprenderci dalla fine de La Ragazza di Fuoco. La freccia scoccata in aria. L’esplosione dell’Arena. Il viaggio verso il Distretto 13. Il mancato salvataggio di Peeta. Quando la ritroviamo, però, per Katniss (Jennifer Lawrence) sono passate solo poche ore e la confusione e il dolore sono ancora molto forti. Paralizzanti. Peeta. Questo sembra l’unico assordante pensiero che pulsa nella sua mente. Il solo che condivide in silenzio il suo strazio è Finnick (Sam Claflin), intrappolato a sua volta nella disperazione di sapere Annie nelle mani del Presidente Snow. Lo spettacolo che si prospetta a Katniss nel Distretto 13, in fondo, non è molto diverso da quello che aveva trovato la prima volta a Capitol City. Solo che qui gli ascensori, invece di andare verso il cielo, scendono nelle profondità della terra. Stesso senso di smarrimento, anche qui tutto è sconosciuto e da affrontare con diffidenza. Non ci sono gli sfarzi, ma le persone di cui si può fidare continuano a contarsi sulle dita di una mano.

Il Presidente Coin (Julianne Moore), l’ambigua donna a capo dei ribelli, e Plutarch (Philip Seymour Hoffman) vorrebbero che Katniss imbracciasse subito l’arco e si alzasse come volto della rivolta. Ma la Ghiandaia Imitatrice sembra avere un’ala spezzata. I Giochi l’hanno consumata e serve qualcosa che riaccenda la miccia della Ragazza di Fuoco. Decidono così di mandarla a vedere di persona cosa Capitol City ha fatto al Distretto 12: devastazione, corpi bruciati e una rosa bianca lasciata da Snow in segno di sfida sono sufficienti per far salire a Katniss la rabbia necessaria per interpretare il suo ruolo. Il piano di Plutarch prevede di girare una serie di spot propagandistici con la Ghiandaia Imitatrice come protagonista, da mostrare, grazie a Beetee, in tutti i Distretti, fino alla capitale.

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A questo punto il film si discosta dal libro grazie all’intervento di Effie, personaggio portato nel Distretto 13 per volere dei fan; Elizabeth Banks, più che una fuggitiva, appare come una condannata in una prigione senza glamour e soffre per la mancanza delle sue parrucche multicolor. Nel Distretto 13, infatti, sembrano ammesse solo sfumature di grigio. La deliziosa presenza di Effie tra i ribelli regala una nota di comicità che alleggerisce la tensione della guerra e le divertenti dinamiche tra lei, Katniss e Haymitch (Woody Harrelson), svogliatamente sobrio a causa del proibizionismo imposto da Coin, scaldano il cuore e richiamano i film precedenti. L’unico di loro che sembra trovarsi perfettamente a suo agio nel D13 sembra essere Gale (Liam Hemsworth), che non dovendo portare le pesanti cicatrici dei Giochi, è fomentato solo dall’odio contro Capital City ed già diventato uno dei soldati preferiti dalla Coin.

Il Presidente Snow (Donald Sutherland), nel frattempo, ha iniziato ad usare Peeta (Josh Hutcherson) come strumento di propaganda anti guerra civile e i ribelli, vista l’inadeguatezza di Katniss a lavorare con un copione, mandano lei e Gale in giro per i Distretti in compagnia di una troupe per catturare la vera indignazione della Ghiandaia Imitatrice davanti alla brutalità di Snow. A questo punto inizia un botta e risposta a suon di spot tra il Distretto 13 e Capitol City. Tra Katniss e Peeta. Lui, però, ad ogni video appare più provato e debole, facendo così aumentare la preoccupazione di lei. Gli Hunger Games non esistono più, ma sembra che il macabro reality show non finisca mai; come quando Peeta viene trascinato via in diretta (Cinna style, R.I.P), dopo aver avvisato in diretta Katniss di un imminente attacco al D13. Per questo tradimento, però, secondo il Presidente Snow la morte per lui sarebbe una punizione troppo clemente; per Peeta ha in serbo la cosa che il personaggio di Josh Hutcherson teme di più. Perdere se stesso…

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Jennifer Lawrence guida il suo team di colleghi in modo sublime come sempre e porta lo spettatore nella girandola di emozioni che deve affrontare Katniss, nonostante la strana parrucca castana che in alcuni momenti è davvero fastidiosa; nel bel mezzo di una scena straziante mi sono ritrovata a chiedermi: Ma cosa hanno che non va i suoi capelli?! Josh Hutcherson ha dovuto cambiare registro per interpretare il Peeta prigioniero e lo fa molto bene, ma il personaggio soffre di una mancanza, degli sceneggiatori non sua, dei film precedenti. Nel libro il lettore si innamora del carattere di Peeta e, proprio per questo, quello che che gli accade a questo punto della storia è devastante, peggio della morte; nei primi due film, però, il personaggio non è stato approfondito a sufficienza e diminuendo così l’impatto emotivo delle spettatore che non ha letto il libro. Peccato!

In un cast prettamente maschile, Katinss ed Effie a parte, l’aggiunta di nuovi personaggi femminili forti, come Coin, Cressida (Nathalie Dormer) e di fatto anche Prim (Willow Shields), che impariamo a conoscere a fondo per la prima volta, è molto positivo e aggiunge delle belle sfumature al film. Hunger Games – Il Canto della Rivolta è il libro più debole della trilogia di Suzanne Collins; gli eventi sono tanti ed inattesi, ma l’assenza dei Giochi ha in qualche modo rotto la magia. Francis Lawrence, però, è riuscito nel difficile compito di migliorare il libro, o almeno la prima parte di esso per ora, creando quello che è il perfetto inizio di un epico finale.

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