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Us Again: la nostra intervista al regista del corto Disney Zach Parrish

scritto da Federica Marcucci
us again

Se avete già guardato Raya e l’ultimo drago su Disney+ avrete visto anche Us Again, il bellissimo corto a cui è stato abbinato il 59esimo Classico Disney.

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Ambientato in una grande città, il corto è un inno alla vita e un omaggio al cinema: un riscoperta dell’amore e della giovinezza attraverso la musica e la danza. Un lavoro emozionante che si ricollega alla migliore tradizione di casa Disney.

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Non a caso il regista di Us Again, Zach Parrish (già creatore di Puddles, disponibile su Disney+), si definisce un vero e proprio nerd dell’animazione. Abbiamo avuto l’onore di fare una chiacchierata insieme a lui, in cui ci ha raccontato come è nata l’idea per Us Again, perché ama così tanto la pioggia e le grandi città.

Leggi la nostra intervista al regista di Us Again, Zach Parrish:

1) Qual è stata l’ispirazione per Us Again e perché hai scelto la danza come metafora?

L’ispirazione originaria del corto deriva da diversi aspetti della mia vita: in particolare come vedevo me stesso cambiare e invecchiare nel corso del tempo o l’arrivo dei miei nipoti, cose di questo tipo.

Tuttavia deriva anche da conversazioni che ho avuto con mia mamma. Sono molto legato a lei e i suoi racconti sul “diventare grandi” mi hanno fatto riflettere su quale fosse la mia prospettiva a riguardo perché ero più che altro focalizzato sul fatto che crescendo avessi perso qualcosa, o che mancasse qualcosa. Mi dimenticavo di concentrarmi sul presente.

Questo ha portato ad altre conversazioni insieme alla mia famiglia sull’idea del cambiamento legato all’età e mi ha fatto pensare anche ai miei nonni. Mia nonna Dottie, che è anche il nome del personaggio del corto, è scomparsa durante la creazione di questo film.

Ho pensato anche alla dicotomia che c’è tra i miei nonni paterni e i miei nonni materni. I miei nonni paterni infatti hanno venduto la loro casa, comprato un camper e viaggiato attraverso gli USA, andando nei parchi nazionali. Mentre i miei nonni materni sono rimasti a casa, mio nonno in particolare era diventato molto sedentario e passava molto tempo davanti alla tv.

Ho pensato che si trattasse di un dicotomia interessante da inserire in una singola relazione di coppia.

Per quanto riguarda la danza l’idea originaria era che la pioggia ricordasse i tempi della giovinezza, ispirando questa bellissima danza attraverso la città in un vero e proprio momento magico. Tuttavia mentre sviluppavo la storia e i personaggi ho pensato che sarebbe stato ancora più bello se l’intero mondo in cui vivono i protagonisti danzasse insieme a loro; in questo modo potevamo marcare il concetto della giovinezza, andando a esagerare alcuni dettagli così che la danza potesse rappresentare davvero questo spirito.

Era qualcosa su cui ho spinto parecchio anche perché la nostra cultura in America tende molto a mettere da mettere le persone anziane, facendole sentire come dei veri e propri outsider nella società. Infatti quello che si percepisce all’inizio è che lui non riesce a sentirsi parte di un mondo sempre più grande e rumoroso, per questo pensa che il suo posto sia a casa sulla sua poltrona.

2) Sei felice che il tuo corto sia stato abbinato a Raya e l’ultimo drago? Secondo te c’è un’affinità tra queste due storie?

Sono felicissimo di essere stato abbinato a Raya e l’ultimo drago, è un film fantastico. Sono stato fortunato a lavorarci come animatore appena finito il lavoro su Us Again.

Credo che entrambi questi film abbiano dei messaggi molto importanti in questo momento. Raya, in particolare, è davvero rivoluzionario secondo me, sia dal punto di vista visivo che tematico. In generale per me è un onore aver fatto parte della creazione di questo film e di essere entrato nella famiglia dei corti Disney.

3) Che tipo di lavoro è stato fatto con la colonna sonora e con i coreografi?

È stato molto sfidante perché dovevamo combinare la storia, la danza e la musica così che tutto potesse andare di pari passo. Così abbiamo lavorato a stretto contatto con la compositrice Pinar Toprak e i coreografi Keone e Mari Madrid già dalle primissime fasi del progetto.

Sapevamo di voler dare al tutto uno stile soul-funky, Pinar infatti era molto eccitata perché ama il jazz e non a caso all’inizio del progetto lei proponeva dei temi musicali dicendo tipo “secondo me questo potrebbe andare per questa sezione della storia”.

È stato proprio a partire da questi temi musicali che è partito il lavoro di Keone e Mari i quali facevano poi i loro appunti del tipo “lavoriamo meglio se il tempo è in un certo modo oppure se queste note si sentono in modo preciso”. Così la storia cambiava, la musica cambiava. Tutto continuava a cambiare durante il processo di creazione.

Alla fine siamo arrivati a un punto in cui la storia ci sembrava soddisfacente, così Pinar ha creato una colonna sonora “definitiva”, abbiamo riaggiustato tutti gli storyboard e io stesso ho diretto e ripreso Keone e Mari che ballavano. In quel momento è stato molto importante che loro esprimessero tutte le emozioni del momento, dato che tutta la storia è una vera e propria conversazione tra i due personaggi.

Successivamente, prima di procedere con l’animazione, hanno continuato a mandarci video di loro che ballavano in garage con altre idee… quindi capirai che è stato un processo molto in itinere.

4) Raccontare la storia d’amore di una coppia di anziani è originale ma sfidante: qual è stata la parte più difficile in questo?

Ci sono state parecchie sfide in questa lavorazione, come ti ho già detto. In particolare ho dovuto fare parecchie ricerche perché chiaramente non sono un uomo anziano, sto con mia moglie ormai da 7 anni ma non sono una persona della terza età e non ho alle spalle una relazione così lunga.

Così abbiamo fatto ricerche parlando con gerontologi a proposito degli studi attuali sull’invecchiamento e su quello che comporta al giorno d’oggi. Ma abbiamo anche parlato con tante persone dello studio con background diversi per capire che cosa significa invecchiare in diverse parti del mondo. Ho parlato moltissimo anche con la mia famiglia e loro sono stati molto onesti riguardo le loro relazioni.

Quindi credo che molto del cuore di questo film derivi proprio da queste conversazioni, con tutte le somiglianze e differenze del caso.

5) In questo corto, come in Puddles, parli della magia nella vita quotidiana attraverso l’idea dell’acqua. C’è una ragione particolare?

Non lo so! Sono cresciuto nel Midwest degli Stati Uniti e in primavera c’erano moltissimi acquazzoni. Per me c’è questo aspetto ringiovanente e giocoso della natura da cui è derivato Puddles, in cui c’è l’idea del giocare nelle pozzanghere che richiama l’infanzia e di quanto sia magico per i bambini. In Us Again è un po’ la stessa cosa: giocare sotto la pioggia, con la persona che ami. C’è questa doppia idea di gioco e di romanticismo legata alla pioggia che rende il tutto giovanile e romantico. Non lo so se avrò altre idee legate alla pioggia ma sicuramente stavolta ci stava bene! 

 6) Us Again è anche una dichiarazione d’amore a New York e ai musical: hai preso ispirazione da alcuni vecchi film in particolare, come Cantando sotto la pioggia o Spettacolo di varietà per portare in vita queste atmosfere?

Assolutamente sì!

E ti dirò, è New York ma allo stesso tempo non lo è: volevo che sembrasse come una qualunque città metropolitana. Mi sono ispirato tanto anche a Chicago perché essendo io del Midwest per me era la grande città più vicina dove andavo con la mia famiglia. Lì mi sono innamorato delle metropoli.

Ma allo stesso volevamo che l’ambientazione ricordasse New York per l’atmosfera di Broadway e dei teatri. Ho inserito tanti riferimenti, da Cantando sotto la pioggia a New York New York ma anche i film di Woody Allen e altre storie d’amore che fanno riferimento alle grandi città, oltre a Fantasia e film in cui la narrazione è legata alla musica.

Tra questi c’è ovviamente il frammento di Rhapsody In Blue in Fantasia 2000 diretto da Eric Goldberg, che io adoro. Questi sono alcuni dei lavori che hanno un mood simile a quello che volevo restituire io.  

7) Qual è stata la tua più grande sfida come animatore?

Wow, bella domanda non ci avevo mai pensato!

Credo ci siano molte sfide soprattuto nell’essere un animatore: devi restare autentico al personaggio, scavare in lui per trovare un’emotività reale ma anche far sì che il tuo lavoro intrattenga le persone, dunque devi riuscire a essere fresco e originale nelle tue scelte ma restare anche fedele al personaggio e alle sue emozioni.

Questo è molto sfidante, unito al fatto che è a sua volta legato a un lavoro più grande che viene portato avanti da un intero team impegnato nella stessa sfida, ossia creare un personaggio che sia resti fedele a se stesso durante l’intero film. Tutti questi film infatti sono creati da tante persone durante lunghi periodi di lavorazione.

Non so se sia la sfida più grande, ma comunque è una bella sfida: essere onesti e coerenti.