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La Cerimonia di Chiusura delle Olimpiadi di Londra 2012: dalle Spice Girls ai The Who

scritto da Alice Ziveri
london 2012 closing

Per chiudere due settimane di Olimpiadi che più che mai hanno coinvolto e appassionato il pubblico internazionale (sarà anche merito dei social media?), la Gran Bretagna e la città di Londra hanno deciso di schierare in campo le loro medaglie d’oro nella musica.
E non c’è gara che tenga: nessuno batterà mai gli inglesi in questo ambito.
Che si parli di rock o di pop, è in queste isole che sono nate le band storiche e gli artisti più rappresentativi degli anni ’60, ’70, ’80 e anche ’90 e 2000. Si sono messi in gioco tutti quanti, ieri sera all’ Olympic Stadium, in un mix eterogeneo e spettacolare che ci ha intrattenuti per quasi tre ore.

L’intera serata è  un susseguirsi di musica british senza interruzione, aperto dignitosamente dalla bella voce di Emeli Sandé con Read All About It.
La scenografia, meravigliosa, è una rappresentazione della città di Londra con i suoi monumenti ed edifici più noti, rivestiti di carta di giornale e disposti su un incorcio di strade che, dall’alto, vanno a disegnare la Union Jack. Le prime scene sono una rappresentazione della città che, dopo i 16 giorni del grande evento, torna alla sua vita quotidiana, al traffico, al lavorio continuo.
I primi artisti fanno il giro dello stadio su truck aperti o macchine: sono i Madness, poi i Petshop Boys con Westend Girls, seguiti dai One Direction che cantano What Makes You Beautiful.
Molto toccante è la voce di Ray Davies dei Kinks, che da solo canta la bellissima Waterloo Sunset. L’entrata nello stadio degli atleti è accompagnata dagli Elbow: ragazzi e ragazze, uomini e donne fanno il loro ingresso nelle loro tute colorate che già mettono allegria, è una vera festa. C’è chi porta una medaglia al collo e chi no, ma tutti sorridono, salutano e filmano questi momenti indimenticabili. Una ragazza entra con un cartello che dice “Thanks Coach”, un pensiero che riflette probabilmente quello di ogni singolo atleta lì presente.
Non mancano una serie di immagini significative prese da questi 16 giorni di gare olimpiche, che scorrono sugli schermi mentre ballerini di bianco vestiti vanno a creare una piramide di cubi al centro della Union Jack, e di sottofondo scorre la voce ipnotica di Kate Bush che canta Running Up That Hill.

La seconda parte della cerimonia si apre con l’apertura inconfondibile di Bohemian Rhapsody (Queen), che si trasforma però in Imagine di John Lennon. Vestiti di bianco, inginocchiati sulla piramide di prima, compaiono i bambini del coro, che accompagnano la canzone con la voce e con il linguaggio dei segni. Segue un omaggio al camaleontico David Bowie, che si amalgama ad una rappresentazione di Londra città della moda: Fashion di sottofondo e un gruppo di Top Model iconiche – fra cui Kate Moss – camminano fieramente fino al centro dello stadio, bardate di abiti dorati.
Si torna alla musica live con George Michael, poi i Kaiser Chiefs che suonano Pinball Wizard dei The Who, e ancora Annie Lennox, che entra in scena con Little Bird come una sorta di regina pirata fantasma, a borso di una vascello corroso dal tempo e attorniata da personaggi gotici e spettrali.
Uno dei mometi più emozionanti e delicati della serata è stato, sicuramente, quello di Wish You Were Here: l’indimenticabile brano dei Pink Floyd ha unito sul palco Nick Mason, Ed Sheeran,  Mike Rutherford e Richard Jones. Mentre Ed Sheeran, semplicissimo con la sua felpina rossa e la sua chitarra con la zampetta, cantava insieme a questi musicisti storici, in alto un equilibrista camminava sul filo con una barra bianca, tenendo tutti con il fiato sospeso.

Ma l’atmosfera fragile e nostalgica viene completamente ribaltata con l’irruzione in scena di Russell Brand, che arriva sul tetto di un pullmino hippy in versione Willy Wonka, con tanto di cilindro e pantaloni a strisce glitterati,  cantanto al megafono I Am The Walrus dei Beatles. Da lì in poi si scatena il momento dance floor: FatBoy Slim, Tinie Tempah, Jessie J e Tajo Cruz danno un assaggio delle loro hit per poi concludere con You Should Be Dancing dei Bee Gees.
Si torna indietro agli anni ’90 con la reunion più chiacchierata: le Spice Girls, oh yes. In piedi su cinque tipici cab londinesi, Geri, Emma, Mel B, Mel C e Victoria fanno cantare tutti con un medley dei loro successi, da Wannabe a Spice Up Your Life: vestite come allora secondo i loro caretteri distintivi (Ginger, Baby, Scary, Sporty e Posh), ci fanno davvero fare un salto indietro di 15 anni. Ancora anni ’90 con i Beady Eye di Liam Gallagher, che suonano il successo degli Oasis Wonderwall .
Eric Idle porta una sana dose di humor inglese con una pomposa messa in scena di Always Look on the Bright Side of Life, l’apoteosi del nonsense con un proliferare si centurioni, ballerine indiane, suore con i pattini e altro ancora.

Si torna poi alla musica nel miglior modo possibile: con i Muse.
Matt Bellamy (in uno dei suoi completi glitter molto Saturday Night Fever), Dominic Howard e Chris Wolstenholme infiammano (letteralmente) lo stadio con Survival, la canzone ufficiale di queste Olimpiadi. Le luci si spengono su Muse e si riaccendono sulle immagini di Freddie Mercury, tratte dal concerto di Wembley del 1986, che scorrono sugli schermi posti al centro del parterre; il pubblico canta e segue la sua voce come se lui fosse davvero lì presente. Compare poi Brian May con la sua Red Special; un lungo assolo, e raggiunge al centro il batterista Roger Taylor, cool anche a sessant’anni con gli occhiali da sole a specchio. Insieme a Jessie J fanno un pezzo di We Will Rock You, e qui c’è forse da fare l’unico appunto negativo – perchè Jessie J con quegli squittii era davvero, davvero fuori luogo. Ma passiamo oltre.

E’ arrivato il momento di chiudere ufficialmente la XXX edizione dei Giochi Olimpici, con i dovuti ringraziamenti a Londra, e di passare il testimone al Rio de Janeiro, che ospiterà la manifestazione nel 2016. I colori cambiano, l’Olympic Stadium di tinge di verde e oro e per qualche minuto il ritmo della samba pervade l’atmosfera.
Ma no, non è finita qui: la musica inglese ha ancora altro da regalare.
Ha i Take That, con Rule The World: già, nonostante il dramma che ha colpito la sua famiglia solo qualche giorno fa (la figlia Poppy, nata senza vita), Gary Barlow è lì insieme ai suoi compagni per cantare sotto il cielo delle notte londinese.
Dopo lo spegnimento della fiamma olimpica, momento un po’ malinconico per tutti, c’è modo di risollevarsi con una chiusura fenomenale: i The Who. Roger Daltrey e Pete Townshead, sempre con l’immancabile e leggendaria schitarrata a ruota, sono motivo di esaltazione allo stato puro mentre suonano un medley di Baba O’Riley, See Me, Feel Me, e My Generation. I loro inni, canzoni immortali: e così si chiudono, con un picco difficilmente eguagliabile, queste bellissime Olimpiadi di Londra 2012.

Foto: Facebook Londra 2012