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Il viaggio di Arlo: la recensione di GingerGeneration.it!

scritto da Federica Marcucci

Il viaggio di Arlo prende le mosse da una semplice quanto impossibile supposizione: che cosa sarebbe accaduto se il meteorite che ha causato l’estinzione dei dinosauri non si fosse abbattuto sulla Terra? L’idea dei dinosauri che continuano a vivere, evolvendosi, sul nostro pianeta incontrandosi anche con i progenitori della razza umana, è per la Pixar un buon pretesto per raccontare una favola surreale ma dai contorni e dalla morale ben definita.

Arlo è un cucciolo di dinosauro che vive insieme alla sua famiglia: mamma, papà, un fratello e una sorella. Sono talmente evoluti da sopravvivere grazie al proprio ranch, come dei veri e propri pionieri. Peccato che il piccolo Arlo sia molto diverso dalle altre creature preistoriche: volenteroso, ma continuamente bloccato dalle sue fobie non riesce a integrarsi causando problemi a se stesso e alla propria famiglia. Dopo un tragico incidente il giovane Arlo si ritrova solo e lontano da casa, dovrà quindi affrontare un lungo viaggio in cui incontrerà strani personaggi e vedersela faccia a faccia con le proprie paure. Nel suo cammino sarà accompagnato da Spot, un ragazzino delle caverne rimasto orfano. I due si prenderanno cura l’uno dell’altra imparando una lezione fondamentale: la vera amicizia talvolta risiede nel legame con la creatura più diversa da sé.

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Dopo Inside Out, che ha sbancato i botteghini di tutto il mondo, il film pre-Natalizio di casa Pixar è un prodotto decisamente più easy – sotto vari fronti – ma non per questo mal confezionato. Nell’equipe de Il viaggio di Arlo ci sono molto nomi che vengono dal mondo dei corti, lo stesso regista Peter Sohn (che ha completato il lavoro di Bob Peterson, già regista di Up) nasce come animatore. Si tratta di un film meno maturo sotto alcuni punti di vista, probabilmente i personaggi potevano essere sviluppati in modo più approfondito e la vicenda avrebbe potuto essere più dinamica. In compenso abbiamo apprezzato l’incredibile animazione – inutile dirlo – che ricrea i grandi e incontaminati spazi preistorici. Un’ambientazione che ricorda da vicino, complici i numerosi richiami, quella delle grandi epopee western. Il viaggio intrapreso da Arlo è un cammino per tornare a casa, ma allo stesso tempo è un viaggio alla scoperta di se stesso (quello che un professore di letteratura chiamerebbe “romanzo di formazione”) e dell’altro.

L’altro è Spot, il piccolo umano, una “bestiolina” appartenente a una specie che evolvendosi avrebbe dimenticato cosa significa vivere rispettando il diverso. In un tempo in cui il diverso fa più paura che mai, il messaggio delle favole che leggevamo o guardavamo da piccoli sembra parlarci direttamente e Il viaggio di Arlo vuol comunicare proprio questo, per quanto difficile e utopico. Non sarà uno dei capolavori Pixar, ma siamo sicuri che Il viaggio di Arlo resterà nei cuori di molti; e che l’immagine di Spot intento ad abbracciare il muso di Arlo diventerà un classico.

Avete visto al cinema Il viaggio di Arlo? Che cosa ne pensate?