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Concorso Percy Jackson: Mai rubare un canotto…

scritto da admin

Per il Concorso del Meet&Greet di Percy Jackson vi abbiamo chiesto di scrivere un racconto, i post vengono pubblicati e i più beli e votati potranno vincere il Meet&Greet di Martedì 23 Luglio con Logan Lerman e Alexandra Daddario al Giffoni 2013 . Ecco la risposta di Serena! Se vi piace, condividetela per aiutarla a vincere.

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Due anni fa andai in vacanza con la mia migliore amica in una località sul mar Tirreno. Ogni mattina ci recavamo in spiaggia e ingannavamo il tempo con nuotate, partite a ping pong, disegni sulla sabbia e tutto ciò che ci avrebbe tenuto lontane dalle nostre madri che prendevano il sole, ignare di quello che sarebbe potuto succedere. Una mattina, avendo terminato tutte le possibili attività, Marty propose un ultimo bagno prima di rientrare in albergo. Erano circa le undici e avremo avuto anche il tempo di asciugarci. Il caldo era davvero afoso quella mattina, perciò pensai che Marty avesse avuto un’ottima idea.
Senza preoccuparci troppo dei nostri genitori ci incamminammo verso la passerella che ci avrebbe condotto alla riva. Arrivate a metà passerella, però, mi fermai: mi era venuta un’idea geniale!
– Marty, e se “prendessimo in prestito” uno dei canotti del lido? – proposi –Credi che ci scoprirebbero? –
– Wow… Serena che infrange le regole, devo approfittarne… – rispose Marty con un mezzo sorriso stuzzicante.
Ovviamente in altre circostanze non avrei mai “rubato” il canotto di qualche bambino, ma quel giorno era diverso ed ero sicura che l’avrei restituito. Ripercorremmo la passerella e ci dirigemmo verso il capannone dove veniva riposta l’attrezzatura da spiaggia dei bagnanti. Il nostro lido, infatti, metteva a disposizione una struttura grande quanto un garage per permettere ai bagnanti di riporre in modo sicuro salvagenti, canoe, sedie a sdraio, palette e secchielli, ecc. C’era solo un unico problema: il guardiano non poteva sapere che il canotto non ci apparteneva. Perciò intrufolarsi fu facile, dovevamo solo non dare nell’occhio e agire con naturalezza. Tuttora sono convinta di aver avuto una faccia colpevole.
Recuperato il canotto, ci indirizzammo di nuovo verso la passerella. C’erano circa cinque metri che ci separavano dal mare e li percorremmo saltellando scompostamente, rischiando più volte di urtare qualche signora. Missione 1: non dare nell’occhio, Fallita. Causa: la sabbia bruciava.
Adagiammo il canotto sulla superficie dell’acqua e lasciai che Marty salisse per prima, dopodiché spinsi il canotto più all’interno e salii anch’io. Iniziammo a chiacchierare perdendo la cognizione del tempo, ma non mi preoccupai perché sapevo che i nostri genitori sarebbero venuti a chiamarci. Quando pensai che fosse passato troppo tempo mi sporsi dal canotto per osservare la riva oltre la spalla di Marty, cercando di scorgere mia madre che urlava il mio nome. Sobbalzai di colpo.
– Marty – chiesi con riluttanza – tu sai nuotare, vero? –
Martina mi capì al volo e si voltò per osservare quanto ci fossimo allontanate dalla riva. Di colpo sentì la necessità di aggrapparsi al canotto. –No… – mimò con le labbra.
Di certo non avrei mai potuto trasportarla a nuoto e, anche volendo, non avremmo potuto spingere il canotto usando le braccia come remi, perché la corrente era troppo forte. Restammo alcuni secondi in silenzio, finché non mi venne un’idea. Spiegai in sintesi il mio piano a Marty che probabilmente non capì niente, ma si limitò ad annuire. Era in preda al panico. Scesi velocemente dal canotto e afferrai la cordicella attaccata alla “prua”. Iniziai a nuotare e riuscii a trascinare il canotto vicino a uno scoglio non troppo alto. Era una fortuna che fossimo così vicine a quello scoglio, perché non avrei potuto trascinare Marty un minuto di più. Avevo il fiatone e ne approfittai per riposarmi mentre la mia amica si arrampicava. Arrivata in cima Marty si aggrappò saldamente, finché le sue nocche non divennero bianche –Ti aspetto, giusto?- Chiese.
Io annuii e comincia a nuotare di nuovo. Mi resi conto che il mio piano era una pazzia quando arrivai a metà strada. Neanche io ero mai stata una buona nuotatrice, eppure mi era sembrata l’unica alternativa. Ero esausta. Avevo agito d’istinto perché mi sentivo responsabile: quella del canotto era stata una mia idea, ed era colpa mia. Questi pensieri mi spronarono ad andare avanti e alla fine nell’intento di riprendere fiato toccai il fondo con le punte dei piedi. In quel momento sentii come uno stimolo: ce l’avevo fatta, ora dovevo solo camminare verso la riva. Un’altra impresa fu trovare il bagnino, ma quando stavo per perdere la speranza, intravidi la sagoma di Marty in lontananza e questa mi spronò ancora una volta. Lo trovai il bagnino… sì, al bar. Gli spiegai velocemente la situazione e lui si affrettò verso il mare. Prima di raggiungerlo passai a prendere l’asciugamano di Marty. Corsi nuovamente verso la passerella urlando a mia madre che eravamo andate a fare una passeggiata. Una buona scusa effettivamente. Raggiunsi la riva e vidi Marty parlare con il bagnino, mentre intorno si era formata una folla di curiosi. Mi feci largo e le passai l’asciugamano, sottraendola ai suoi rimproveri. Parla proprio lui che è stato al bar tutto il giorno, pensai.
Marty mi ringraziò con lo sguardo e, dopo aver preso un bel respiro, mi guardò negli occhi e iniziò a ridere.
– Cosa c’è di così divertente?! – Chiesi irritata.
-Temo che tu non possa restituire il canotto Sere – Mi apostrofò lei.
Iniziai a ridere anch’io e insieme ci avviammo verso la passerella.

P.S. L’anno dopo Marty imparò a nuotare.