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Room – Recensione: la scoperta e la (ri)scoperta della vita

scritto da admin

Nonostante un ritmo a tratti un po’ lento e un personaggio (Old Nick) poco approfondito, Room è un film assolutamente degno di rilievo, duro ma a tratti anche dolce e delicato. E l’interpretazione di Brie Larson, specie nella prima parte della pellicola, è davvero notevole.

Un misterioso uomo chiamato “Old Nick” rapisce una ragazza diciassettenne, Joey, e per sette anni la tiene segregata in un capanno. Ed è qui che si ambienta quasi tutta la prima parte del film. A fare compagnia a Joey è il suo figlio di cinque anni Jack, nato, evidentemente, da una violenza di Old Nick. La prima cosa che si nota fin da subito è la maestria del regista e degli sceneggiatori nel far avvertire allo spettatore il senso di claustrofobia che quel luogo causerebbe in chiunque. La poca luce che c’è è artificiale, e le voci rimbombano nello stanzino di pochi metri quadri.
Jack, ovviamente, cresce lontano dal mondo reale, e sviluppa una fervida fantasia. Ha un amico immaginario (un cane di nome Lucky) e per lui gli oggetti presenti nella stanza sono delle vere e proprie persone. Joey sa però quanto meraviglioso è il mondo là fuori, e vuole trovare un modo per far sì che almeno il figlio lo veda.

In questa prima parte del film il ritmo è a tratti un po’lento, e “Old Nick” si vede poco. Un maggiore approfondimento su questo personaggio sarebbe stato interessante. Joey trova il modo per far uscire Jack dalla stanza: il bambino deve fingersi morto, saltare giù dal camion di Old Nick e poi fuggire chiedendo aiuto. Il piano fallisce, ma nel momento in cui Old Nick sta per riportare il bambino sulla propria vettura cambia idea e lo lascia andare, permettendogli così di denunciare le sue malefatte. Ne approfittiamo per ricordare, nel frattempo, che il film è tratto dall’omonimo romanzo di Emma Donoghue, la quala a sua volta ha fatto suoi due casi davvero accaduti. Stiamo parlando del caso Fritzl e di quello di Natasha Kampusch.

Se la figura di Old Nick rimane un po’sfumata, molto approfondito è invece il carattere di Jack. Il bambino, inizialmente, non ritiene vere le storie che la madre gli racconta sul mondo di fuori. Poi inizia a crederci e, con l’arrivo della bella stagione, finalmente nel capanno entrano i primi raggi di luce naturale. Un particolare che colpisce davvero. Discorso a parte va fatto per l’interpretazione di Brie Larson, parsa soprattutto nella prima ora di pellicola degna dell’Oscar che le è stato poi conferito.

Nella seconda parte del film Old Nick è ormai stato arrestato, Joey e Jack sono liberi, ma si approcciano al mondo in modo diverso. Jack lo scopre da cima a fondo, con quel senso di meraviglia tipico del fanciullino di Pascoli. Joey, invece, lo riscopre, e la riscoperta porta degli inevitabili dolori. Ad esempio, la consapevolezza che le proprie compagne di atletica hanno vissuto la vita normale che lei non ha avuto. Il tema dell’adolescenza perduta acquisisce un grande rilievo. In questo clima già teso irrompono i media, che vogliono indagare sulla vicenda di Joey per trarne ovviamente profitti televisivi: è evidente un atteggiamento critico del regista nei loro confronti. Joey è però molto debole, non regge la pressione e tenta il suicidio. Fortunatamente i suoi genitori e Jack si accorgono in tempo di questo tentativo, e la ragazza viene salvata.
Il film si conclude con una strana richiesta da parte di Jack. Quando questa verrà soddisfatta, la vita di Jack potrà cominciare davvero; quella di Joey, ricominciare.

Un film che, nonostante il ritmo non eccezionale, va decisamente visto.

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