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Paolo Borsellino: il vento della libertà

scritto da Francesca Parravicini

Ricordare per non dimenticare. L’unica cosa che possiamo fare per far sì che persone e idee non muoiano. Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino perdeva la vita, insieme a cinque agenti di scorta, in quella che verrà ricordata come la strage di via D’Amelio, una delle pagine più nere della cronaca italiana.

L’uomo, la missione

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940, nel quartiere popolare La Kalsa,  in cui vivevano anche Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. In gioventù si dedica agli studi di giurisprudenza, laureandosi con 110 e lode presentando una tesi su "Il fin dell’azione delittuosa"; in seguito diventa il più giovane magistrato italiano. Lavorando viene contatto con la mafia, contro la quale combatterà tutta la vita: nel febbraio del 1980 porta a segno i primi arresti e sempre in quell’anno entra a far parte di un pool anti-mafia, di cui diventa leader naturale insieme a Falcone, grazie  intelligenza e abnegazione al lavoro. Durante questa collaborazione scrive insieme a Falcone un’istruttoria grazie alla quale vengono processati 475 deputati. Nel 1986 diventa procuratore della Repubblica di Marsala, impegnandosi contro il potere crescente delle cosche trapanesi, mantenendosi in contatto con Falcone, e riuscendo così ad indagare su tutta la zona ovest della Sicilia. Sei anni dopo Borsellino, che già si definiva un "condannato a morte", morirà, dopo aver pranzato con la madre, in seguito all’esplosione di una Fiat parcheggiata in via D’Amelio, carica di tritolo.

Commemorazioni a metà

Quest’anno le cerimonie in ricordo dell’eroico giudice si sono svolte con non pochi impicci. Le prime avvisaglie si sono palesate tre giorni fa quando all’angolo di piazza Castelnuovo a Palermo, sono state distrutte due statue in gesso raffiguranti Falcone e Borsellino, neanche ventiquattr’ore dopo esere state istallate. Atti vandalici, sintomi e specchio di un’Italia che evidentemente non ragiona. Domenica si è tenuto un primo corteo in onore di Borsellino, organizzata dal "popolo delle agende rosse", chiamato così poiché tutti i partecipanti hanno svetolato un’agenda rossa simbolo di quella su cui Borsellino annotava riflessoni e appunti, ma è stato un flop, con un esigua partecipazione, appena cento persone, tutto a causa del caldo si dice, ma anche dell’indifferenza. Un secondo corteo si è svolto ieri e ha ottenuto maggiore partecipazione, erano presenti tra l’altro Gianfranco Fini, Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, assenti invece le più importanti cariche istituzionali, da cui ci si aspetterebbe qualcosa di più che qualche dichiarazione di circostanza. La strage di via D’Amelio è ancora carica di ombre, ma in mezzo a queste ombre l’unica luce è data dalla grandezza dell’uomo e magistrato Borsellino, dotato di grandissima tempra morale e animato da una spasmodica ricerca della verità, caratteristiche così rare oggi, così mancanti, che forse porterebbero un po’ di luce nella cecità e nel disfattismo dilagante dei nostri tempi. Per far sì che "cambi il vento, che venga il libeccio, che si porti via quest’afa."