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Encanto: la recensione del 60° Classico Disney

scritto da Federica Marcucci
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Encanto arriva al cinema con un carico di magia e di emozioni che ci portano a riflettere sul significato di mancanza, sui falsi miti dall’apparire e sul sul valore della diversità.

Diretto da Jared Bush e Byron Howard e co-diretto da Charise Castro Smith, il film è nei cinema da oggi 24 novembre. Nel cast vocale italiano, tra gli altri, anche Diana del Bufalo, Luca Zingaretti e Alvaro Soler.

ENCANTO

Tra (ri)scoperta della magia e di se stessi

Sono passati 84 anni e 59 Classici da Biancaneve e i sette nani, ma il suo 60° film d’animazione la Disney non ha perso quello che l’ha contraddistinta nei tempi d’oro e che, aveva perso un po’ di mordente negli ultimi anni: ossia la capacità di raccontare storie senza tempo, trasportando il pubblico in scenari magici.

Come suggerisce il titolo in Encanto la magia c’è e rappresenta il filo rosso della storia, ma non parliamo solo di poteri magici. Quelli ci sono perché la famiglia dei Madrigal è magica e tutti componenti vantano un talento speciale: tutti tranne Mirabel, che non ha un talento magico propriamente detto ma possiede la capacità di guardare oltre e andare al cuore delle cose. La vera magia di cui avrà bisogno la sua famiglia per non disgregarsi.

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E infatti in spagnolo Mirabel vuol dire proprio “guardare bene” (la protagonista indossa anche un paio di bei occhiali), a riprova di una caratterizzazione che la rende la perfetta incarnazione dell’outsider, ma la sola capace di intraprendere un percorso di comprensione prima personale e poi familiare.

Guarda l’intervista con i registi del film

A differenza delle eroine Disney del passato, la protagonista di Encanto non è una ribelle, né si sente costretta all’interno del suo nucleo familiare d’appartenenza. Al contrario, desidererebbe essere come loro, guadagnandosi il rispetto di tutti. In particolare della matriarca, la nonna Abuela. Mirabel ama la sua famiglia e non è mai animata da sentimenti di insofferenza, semplicemente vorrebbe essere guardata con occhi diversi senza sentirsi più un’outsider.

Un sentimento di inadeguatezza, quello di Mirabel, che riesce a essere un punto di partenza per raccontare una storia, come abbiamo detto, universale e capace di comunicare qualcosa di profondo a ognuno di noi. Sopratutto in un presente in cui i social media ci propongo immagini falsate di chi propone vite perfette.

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La perfezione è un mito, ma a volte ce ne dimentichiamo, per questo una storia come questa, capace di celebrare la diversità in mille sfaccettature, è proprio quello di cui si aveva bisogno in tempi così incerti. Perché gli esseri umani non sono stampi da riempire, ma visioni in costante cambiamento, come quelle di zio Bruno, o fiori che diventano cactus, come quelli di Isabela. Se avete visto Strappare lungo i bordi di Zerocalcare troverete senza dubbio qualche affinità.

L’importante è non dimenticare di riconoscere il proprio valore, magari condividendolo con la propria famiglia. Perché ovviamente Encanto parla anche di famiglia, creando un bellissimo ponte generazionale tra nonni e nipoti, e proponendo quell’idea di protezione familiare, derivata sopratutto dalla sofferenza passata.

Guarda l’intervista con i doppiatori italiani

Sotto questo punto di vista infatti Encanto propone un legame molto saldo con il suo contesto di rifermento, la Colombia, con la citazione di un episodio storico legato alla guerra. Il paese diventa perciò un vero e proprio contenitore culturale, non uno sfondo dipinto, in cui le vicende dei nonni di Mirabel non sembrano troppo distanti da quelle dei nostri nonni durante la Seconda Guerra Mondiale, e in cui i colori, le musiche (la colonna sonora di Lin-Manuel Miranda è strepitosa, sembra di stare a Broadway) e il cibo riescono davvero a darci un’idea di una terra ricca di storia e tradizioni.

In conclusione…

Andatelo a vedere perché Encanto è qualcosa di molto diverso rispetto agli ultimi film di casa Disney degli ultimi anni e, no, non assomiglia a Coco. Noi ci auguriamo che possa essere un nuovo inizio per raccontare storie capaci di stupire e di parlare al pubblico di oggi.