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Il Collegio 7: la nostra recensione della settima edizione

scritto da Giovanna Codella
il collegio 7

Siamo arrivati ormai alla settima edizione de Il Collegio. Era il 2017 quando per la prima volta su Rai 2 venne trasmesso quello che sarebbe stato un esperimento straordinario, in cui ragazzi e ragazze avrebbero vissuto un’esperienza priva delle comodità dei giorni nostri.

Da allora diverse epoche sono state sperimentate, tutte caratterizzate dalla rinuncia della tecnologia odierna, dello smartphone e dei social network in primis.

Ecco che cosa ne pensiamo degli aspetti principali che hanno caratterizzato questo viaggio nel tempo nel 1958, il più lungo salto indietro compiuto dall’inizio della trasmissione.

Il racconto e la scenografia

Trattandosi di un’epoca così distante dalla nostra, maggiori sono state (per forza di cose) le licenze poetiche da parte degli autori. Le regole, la severità e le punizioni imposte dall’ordinamento scolastico di quell’epoca sarebbero state, forse, impensabili da riproporre per un programma televisivo.

Tutto sommato, però, il comportamento dei professori è stato realistico e relativamente più severo rispetto alle edizioni precedenti, ambientate nelle decadi successive.

Bella la scelta di una divisa molto simile a quella delle prime stagioni, una specie di richiamo nostalgico agli inizi del docu-reality.

L’avventura vissuta dai collegiali è stata un racconto coerente e coinvolgente, nonostante le puntate (anche quest’anno) abbiano mostrato una parte molto ristretta di quanto accaduto realmente.

L’inevitabile taglio ha lasciato qualche piccolo punto interrogativo, qualcosa che non torna ma che si traduce in una giusta dose di curiosità.

Ad esempio, perché, di punto in bianco durante una lezione, Zelda ha avuto un brutto battibecco con Luna e Sofia? È evidente che ci sono stati dei precedenti che non conosciamo ma che avremmo voluto sapere.

Il cast (professori e allievi)

Come già detto, in questa edizione del Collegio, non ci sono stati troppi esempi di maleducazione estrema. Anche quando ci sono stati episodi d’intemperanza è stata trovata comunque una chiave di lettura per quel comportamento (la rabbia di Damiano, la fragilità di Ariadny, etc.).

Questo ha (forse) consentito a un pubblico più adulto di seguire le vicende senza perdere subito le staffe e categorizzare negativamente un’intera generazione che di certo merita di essere apprezzata o almeno analizzata senza superficialità.

L’assenza della Petolicchio avrebbe potuto togliere molto al programma e sicuramente la sua mancanza si è sentita. Tuttavia, l’arrivo inaspettato di sua sorella come professoressa di storia e geografia, il fare energico del professor Zilli e l’empatia del professor Belli hanno saputo colmare quel vuoto.

La colonna sonora de Il Collegio 7

In questa stagione, il compito degli autori di impreziosire le vicende con delle canzoni è stato più difficile. Trattandosi di un’epoca così lontana, i cui canoni musicali erano tanto diversi dai nostri, il numero di brani scelto per rendere omaggio al 1958 è stato più limitato.

A parte alcuni esempi di artisti senza tempo come Elvis Presley, Edith Piaf, Domenico Modugno e Renato Carosone si è quindi  preferito optare per canzoni contemporanee.

La scelta è stata però accattivante e precisa e ha attinto dal Festival di Sanremo, dall’Eurovision e dai tormentoni estivi del 2022, fino ad arrivare alla recentissima The Loneliest dei Maneskin.

La voce narrante di questa edizione

Un grande plauso va alla voce fuori campo, l’attore e comico Nino Frassica, molto più di un semplice conoscitore dell’ambientazione storica degli anni ’50.

Con simpatia e coinvolgimento ha saputo raccontare ed impreziosire le vicende dei collegiali, mettendo in campo esperienze personali e momenti cruciali della sua carriera artistica: “Caro Totò ti ringrazio, se faccio quello che faccio è perché sei stato tu ad ispirarmi“.

E voi che cosa ne pensate della settima edizione del Collegio 7?

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