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Voglio essere un mago: la recensione della prima edizione

scritto da Giovanna Codella
voglio essere un mago

La prima edizione Voglio essere un mago è quasi arrivata al penultimo appuntamento. Ecco la nostra opinione su questo nuovo programma prodotto da Rai 2 con Stand by me, ambientato in un castello fiabesco con protagonisti 12 apprendisti maghi.

Voglio essere un mago, recensione della prima edizione

Si tratta di un programma giovane e non solo per una semplice questione anagrafica ma anche per il suo contenuto ancora inesplorato, quello di un’arte misteriosa e ad appannaggio di pochi. Nonostante la novità, sin dal primo episodio è inevitabile confrontarlo con il format che ha fatto da apripista alla Generazione Z raccontata in tv. Stiamo parlando ovviamente de Il Collegio.

Sin dai primi minuti, però, questo confronto decade subito anche se l’età dei protagonisti è perfettamente sovrapponibile e nonostante la stessa ambientazione “scolastica”.

A differenza de Il Collegio, In voglio essere un mago, infatti, i concorrenti cercano sul piccolo schermo un’occasione ben più precisa. Quella di migliorarsi nella loro più grande passione – le arti magiche – esattamente come farebbe un cantante emergente in un talent show.

Il racconto mostra, come in ogni programma con una componente reality, l’aspetto più umano dei protagonisti. In questo caso specifico, svela al pubblico come i giochi di prestigio si inseriscono nella storia personale dei ragazzi mostrandone il potere salvifico che può avere nella vita delle persone. Proprio come qualsiasi altra forma d’arte.

Queste premesse fanno sì che ci sia una base, a livello contenutistico, anche migliore del ben più longevo docu-reality. A ciò si aggiungono la straordinaria e surreale location e la ben strutturata sceneggiatura che strizzano l’occhio ad Harry Potter, il corpo docente preparato e il contributo dei Babbaloni/influencer che arricchisce la narrazione dandole ulteriore slancio.

Proprio in merito al parallelismo con il mondo magico creato dalla Rowling, poi, il telespettatore non resta deluso dall’assenza di quella “vera magia”. Piuttosto, scopre che la magia più grande si può realizzare nella nostra mente grazie alla razionalità unità all’immaginazione.

In voglio essere un mago le materie di studio vengono analizzate mostrandone le difficoltà e quanto le abilità richieste non siano affatto alla portata di tutti. I trucchi non vengono quasi mai svelati, conservando intatto lo stupore quando il numero riesce bene. Al tempo stesso è inevitabile simpatizzare per i teen wizard e voler emulare i loro successi.

Tutti questi ingredienti, uniti alle dinamiche personali tra gli apprendisti, catalizzano l’attenzione fino alle battute finali di ogni episodio. Insomma un programma giovane ma che, al di là degli ascolti, ha secondo noi delle grandi potenzialità.