GingerGeneration.it

Yellowjackets: la recensione della serie di cui tutti parlano

scritto da Federica Marcucci

Si è conclusa qualche giorno fa Yellowjackets, serie tv targata Showtime (in Italia è andata in onda su Sky dove è tutt’ora disponibile, oltre che su NOWTV) che, inaspettatamente e in breve tempo, è riuscita a incuriosire e conquistare una gran fetta di pubblico: oltreoceano e non. Anche noi l’abbiamo vista e, dopo esserci presi un po’ di tempo per rifletterci ecco qui la nostra recensione.

Per chi non lo sapesse…

Anni ’90. Le Yellowjackets sono una squadra di calcio femminile del liceo che, partita alla volta di un torneo, si schianta nel bel mezzo dei boschi dell’Ontario. 25 anni dopo le sopravvissute fanno i conti con le conseguenze traumatiche di quell’evento.

Una serie dal sapore retrò

Yellowjackets è una serie dal sapore retrò e deve, almeno in parte, il suo successo anche a questo. Molti hanno infatti detto che i creatori Ashley Lyle e Bart Nickerson sono riusciti a rappresentare gli anni Novanta in modo credibile e realistico, creando allo stesso tempo un ponte con il presente che non risultasse estraneo alla narrazione.

Chi ha visto la serie sa infatti che il tutto si alterna su due linee narrative che vede le giovani protagoniste prima nel 1996 e successivamente nel 2021, in un gioco narrativo molto interessante e che è aiutato da un montaggio dinamico ma anche da un cast di attrici azzeccatissime. Tra loro spiccano Melanie Lynskey, Tawny Cypress e Christina Ricci (un po’ meno Juliette Lewis) e le loro controparti adolescenti: Sophie Nélisse, Jasmin Savoy Brown (vista recentemente in Scream) e Sammi Hanratty.

Ed è proprio sfruttando il doppio binario temporale che la serie riesce, nelle prime puntate, a gettare le basi per delle storyline non scontate ma, sopratutto, per una vicenda dai risvolti inaspettati. In poche parole, nei primissimi episodi Yellowjackets ti mette davvero voglia di scoprire che cosa sia accaduto perché è quel tipo di serie creata per suscitare teorie e congetture che sembrano fatte apposta per una maratona in binge watching.

Peccato però che il tutto, pur riuscendo a decollare, non voli mai ad alta quota se vogliamo restare in tema aerei… anche perché sembra che la sceneggiatura resti molto, forse troppo, debitrice di altre opere già esistenti senza mai riuscire a sganciarsene.

Come è già stato fatto notare i riferimenti a Lost, It ma anche Twin Peaks e il più recente The Wilds si sprecano: dall’incidente aereo alla narrazione che si divide tra adolescenza ed età adulta, fino ai riferimenti ai boschi e ai 25 anni dopo della serie di David Lynch.

Attenzione, questo non significa che attingere a opere del passato sia un male, anzi. Le opere parlano tra loro, ma è bello vederle direzioni nuove oltre a piazzare riferimenti. E, almeno per ora, il problema con Yellowjackets sembra essere proprio questo. La serie ha tirato in ballo tanti riferimenti, senza però prendere una direzione precisa: il fatto che in 10 puntate sia ancora tutto così vago potrebbe non essere un bene perché la serie stessa rischia di perdere un suo centro e una sua direzione.

Ma forse è troppo presto per dirlo, anche perché tutte le porte sono aperte e, come sappiamo, è già in programma una seconda stagione. Non ci resta che attendere per capire quale sarà la direzione che Yellowjackets prenderà, sperando che si tratti di qualcosa capace di spiazzare davvero.