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È stata la mano di Dio: la recensione del film di Paolo Sorrentino

scritto da Federica Marcucci
è stata la mano di dio

Recentemente candidato al Golden Globe come Miglior Film in Lingua Straniera, È stata la mano di Dio è arrivato anche su Netflix dopo aver debuttato nei cinema.

Diretto da Paolo Sorrentino, il film è interpretato dal giovane Filippo Scotti (qui al suo debutto cinematografico), oltre a Toni Servillo, Teresa Saponangelo Luisa Ranieri, Renato Carpentieri, Massimiliano Gallo, Biagio Manna, Enzo Decaro.

Il film è stato anche scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar. Oggi ve ne parliamo.

è stata la mano di dio

Tra sogno, autobiografia e cinema

Ambientato nella Napoli degli anni ’80, momento magico in cui Diego Armando Maradona si preparava ad approdare nella squadra cittadina, È stata la mano di Dio è un racconto autobiografico che si intreccia a visioni immaginate.

Tra citazioni del cinema di Federico Fellini e suggestioni legate alla cultura napoletana, Paolo Sorrentino (che perse i genitori in giovane età) si ispira alla sua stessa vita raccontando le vicende di Fabietto e del suo percorso di crescita a seguito della tragica scomparsa dei genitori.

Un viaggio che lo porterà a uscire dall’amore nido familiare, in cui tutto pare ruotare attorno all’amore dei e verso genitori, fino alla scelta di voler diventare un regista.

è stata la mano di dio

Paolo Sorrentino è uno di quei narratori contemporanei verso cui non sono possibili mezze misure: o piace o non piace. E con È stata la mano di Dio ce lo dimostra ancora una volta. Il film è una storia densa e traboccante di parole, immagini, sensibilità, proprio come la città in cui ambientato, Napoli, ma che resta sempre fedele a quel modo di raffigurare la realtà che ormai propria di questo regista.

Un concetto che si può riassumere nelle tre parole che il regista Antonio Capuano rivolge al protagonista Fabietto, “Non ti disunire”. Un monito a non dimenticare le proprie origini, ma anche una presa di coscienza per non mettere da parte i propri sogni. Sopratutto nel momento in cui la realtà delude, e il momento del sogno per eccellenza – la giovinezza, deve lasciare spazio all’età adulta. Magari portandosi dietro anche un evento traumatico come la perdita.

Ed è così che il cinema diventa, ancora una volta, il mezzo perfetto per camminare il bilico tra sogno e realtà. Per costruire visioni differenti senza però scordarsi di chi si è.

È stata la mano di Dio, in questo senso, è tante cose: è una lettera d’amore al cinema, al calcio e alla propria città, è un’esortazione alla perseveranza di inseguire i propri sogni ma è anche la storia di un ragazzo che diventa uomo.