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Le normative sul CBD in Italia

scritto da Federica Marcucci
cbd

Il mercato del CBD è in continua crescita fin dal giorno in cui è stato ufficialmente legalizzato in Italia. L’utilizzo di tutta la vasta gamma di prodotti derivati da cannabis è diventato molto comune.

I benefici sono oramai indiscutibili e la domanda da tutti i settori è arrivata a toccare vette impensabili solo qualche anno fa. Per farsi un’idea della vastità di questo mercato sarà sufficiente scorrere i migliori prodotti sull’ecommerce Justbob, ad esempio.

Dalla cosmetica, alla farmacologia, tutti sono pazzi per questi arrticoli. Ma il successo più grande è quello legato ai consumatori di canapa con tassi bassi di THC ed alti livelli di cannabinoide non psicoattivo.

Per prima cosa però bisogna fare un po’ di chiarezza visto che in Italia la disinformazione in quest’ ambito regna sovrana. Iniziamo quindi a capirne di più qui di seguito.

Molecole legali e molecole illegali

Cominciamo con distinguere ciò che è legale da ciò che non lo è e successivamente analizzeremo più nello specifico anche quello che dice la Legge italiana in proposito.

Esiste una molecola non psicoattiva contenuta nella Cannabis chiamata cannabidiolo, comunemente conosciuta come CBD. Questa sostanza non produce alcun tipo di assuefazione, rilassa e ha proprietà antidolorifiche e antinfiammatorie.

Nella Cannabis è contenuta anche un’altra molecola chiamata tetraidrocannabidiolo, conosciuta come THC, che invece ha natura psicoattiva e genera sensazioni di rilassamento con alterazioni delle percezioni ed euforia.

In realtà non esistono differenze tra canapa e cannabis visto che fanno parte della stessa famiglia, ma è solo una mera questione di nomenclatura. Ad oggi quando si parla di cannabis si allude a varietà della pianta con tassi alti di THC.

Quando si discorre sulla canapa invece si allude, non del tutto correttamente, a varietà con tassi di THC più basso e tasso di CBD piuttosto alto.

Il punto fondamentale è proprio questo: i prodotti a base di CBD sono del tutto legali ma devono avere tassi di THC contenuti al minimo possibile per circolare liberamente.

Il caso italiano

Come sappiamo il Bel Paese è sempre stato la patria dei compromessi e della politica che riesce a confondere le idee anche ai più savi e competenti. L’argomento della cannabis legale si è prestato come pochi altri ad essere strumentalizzato in tutte le maniere e i media senza dubbio non hanno contribuito a chiarire la situazione.

Iniziamo con il dire che è stata prodotta una legge che avrebbe dovuto organizzare tutta la materia nel Dicembre del 2016: si tratta della famosa Legge 242. Questa norma ha dato di fatto il via alla produzione e alla commercializzazione della cannabis “light” e di tutti i suoi derivati sul territorio.

Da quel momento è nato un mercato fiorente che alla fine del 2018 presentava oltre 800 negozi dedicati, distributori automatici e ben 40 milioni di euro di fatturato.

Seppure con qualche perplessità, legata a delle discrepanze rispetto alle normative comunitarie, questa legge sembrava funzionare bene, finché non è arrivata una sentenza della Cassazione.

Con la sentenza del 30 Maggio 2019 infatti la Cassazione è entrata a gamba tesa sulla legge 242 affermando quanto segue:

Integrano il reato previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990) le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa light, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

Come è del tutto evidente il concetto di “efficacia drogante” avrebbe del ridicolo, se non si trattasse di un giro d’affari che nel nostro Paese, nel complesso, muove circa 150 milioni annui. La sentenza è stata un fulmine a ciel sereno che ha fatto tremare tutto il mercato del CBD legale e dei prodotti derivati dalla cannabis. Per fortuna però non si sono avute conseguenze all’atto pratico.

La legge 242 del 2016 è rimasta, con i suoi chiaroscuri, il punto di riferimento legislativo per il nostro Paese. Parliamo di zone d’ombra perché, ad esempio, la concentrazione di THC per la cannabis legale in Europa è fissato allo 0.2%.

La legge 242 invece apre uno span che va da 0.2 a 0.6% che è un elemento che ha dato adito a infinite discussioni. Tanto che ne era uscita una idea bislacca della Corte di Cassazione, per cui il limite di 0.6 % sarebbe da intendersi soltanto per la produzione.

In pratica secondo la Corte, si potrebbe produrre canapa dal tasso di THC inferiore allo 0.6%, ma non se ne potrebbe poi vendere i prodotti derivati.

L’arte del compromesso è sempre viva

Ovviamente quando ci si trova di fronte a leggi che si contraddicono, a norme comunitarie che fanno a pugni con quelle nazionali e ad applicazioni della legge che sembrano in contrasto con i principi dei legislatori, bisogna necessariamente arrivare ad un compromesso.

Ad oggi quindi la vendita di cannabis depotenziata, detta anche light, e relativa a prodotti da essa derivati, è del tutto legale se, ovviamente, rispetta alcuni principi.

Si possono infatti commercializzare prodotti a base di canapa se il contenuto di tetracannabidiolo, THC, il famigerato “effetto drogante” secondo la Corte di Cassazione, è da considerarsi compreso tra 0.2% e 0.6%.

In buona sostanza la Legge 242 è rimasta il punto di riferimento in questo ambito e ad oggi si trovano sul mercato centinaia di merci che derivano dalla canapa: alimenti, cosmetici, semilavorati, materie prime bio. 

L’Italia ha quindi ufficialmente scoperto tutti i benefici dei derivati dalla canapa soprattutto nel trattamento di patologie dolorose e stati d’ansia e stress.

Infatti ad oggi il CBD legale viene utilizzato nella cura di svariati disturbi anche di origine alimentare. Pare che le sue proprietà vadano a stimolare l’appetito e a garantire antiossidanti ed effetti antinfiammatori.

Dopo tanto tempo si è riusciti, anche nel nostro Paese, a guardare alla cannabis con un occhio scevro da condizionamenti e a valutare le sue proprietà in maniera del tutto scientifica.

Bibite, birre, gomme da masticare, tisane, alimenti, cosmetici, oli  hanno invaso gli scaffali dei negozi specializzati oltre ovviamente alla celebre cannabis legale, chiamata anche “light” o depotenziata, che presenta un tasso di THC basso.