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Storie Maledette: recensione e commento al programma di Franca Leosini

scritto da Claudia Lisa Moeller

Storie Maledette è in onda da domenica 11 marzo in via straordinaria in prima serata su RAI 3.

Sarò controcorrente per una volta. Storie maledette rimane una di quelle trasmissioni italiane che finge di essere un servizio pubblico, ma non si sa bene a cosa serva. Cosa ci racconta e in che modo illumina le nostre misere esistenze umane? In che modo merita il canone una trasmissione dedita ai particolari più macabri e raccapriccianti della cronaca nera?

La struttura del longevo programma di RAI 3 è semplice. Franca Leosini con la sua capigliatura degna di un coiffeur anni ’80 e tailleur da zia di buona società ci porta con sé nei carceri più duri. Di fronte a lei i visi più noti degli omicidi più efferati, discussi, commentati e misteriosi della nostra Repubblica. La Leosini racconta e introduce i casi celeberrimi anche per chi fosse appena arrivato in Italia e nulla conoscesse. Anche per chi fosse stato a digiuno della cronaca nera Franca Leosini lo aggiorna per filo e per segno. L’introduzione è tagliata abilmente, musiche struggenti smuovono la lacrimuccia e commenti articolati ci tengono al passo con i delitti più in del nostro tempo.

Dopo averci ricordato di chi stiamo parlando ecco l’intervista, il momento più atteso e centro dello spettacolo. Il serrato faccia a faccia con il criminale superstar che abbiamo visto (volenti o nolenti) in tutti tg e giornali degli ultimi anni. E qui nasce il fenomeno di “Storie maledette”: le domande della conduttrice sono confezionate con grande attenzione e leziosità. Proprio la loro costruzione articolata e continua smaccata riprova che certamente Franca Leosini si avvale di più 10’000 lemmi per parlare (numero minimo di termini per dirsi un parlante competente della nostra lingua) e commentare la follia e la crudeltà umana.

Il suo stile incrocia una certa barocca e traboccante sfarzosità linguistica e il gusto per il giallo di Agatha Christie. Ogni parola ormai è pensata per essere un meme d’effetto, da quando la tv ha scoperto che i leosiners (così si chiamano i fan dello show) sono molto attivi online. Ogni citazione fa il giro del web. A riprova che quella dovuta sensibilità e delicatezza che bisognerebbe provare davanti a storie tanto tristi è venuta meno in favore di un tweet pieno di faccine divertite.

La popolarità sul web e soprattutto la ricezione di Storie maledette pongono molti dubbi. Torniamo, quindi, al principale punto debole: perché la tv pubblica ha bisogno delle interviste lussureggianti di metafore? Se Chi l’ha visto? vorrebbe aiutare le indagini nel ritrovare coloro che sono spariti nel nulla, con Franca Leosini ti chiedi quale servizio pubblico e in che modo aiuta lo Stato italiano una trasmissione del genere.

Certamente non tutte le trasmissioni RAI sono in senso stretto servizio pubblico, ma ti chiedi quale sia il servizio e il dovere che compie una giornalista nel leggere gli atti di processi già troppo tristemente noti. Cosa scopre Franca Leosini in più di un PM o di giudice che hanno giudicato quel condannato?

Le Storie maledette, come già implica il titolo, parlano di criminali che compiono crimini efferati, perché appunto maledetti. Non c’è comunanza tra lo spettatore e un Angelo Izzo che guarda con occhi spiritati tutto il tempo la sua interlocutrice, sogghigna e solleva le spallucce nel ricordare il massacro del Circeo con una certa indifferenza come se stesse parlando dei compiti dimenticati a casa. Già dal titolo e da come la conduttrice si rivolge ai suoi interlocutore pare chiaro che c’è come un muro, una parete di vetro tra lei e loro. Non potrebbe mai la Leosini, come i suoi telespettatori, essere come quelli dall’altra parte. La sensazione è che la Leosini più che dentro ad un carcere ci ha portato tutti in gita allo zoo del male.

L’unica ragione per guardare Storie maledette è lo stesso di quello sprezzo del pericolo che provavo anni fa avvicinandomi alle falconiere enormi degli avvoltoi negli zoo. Vi consiglio di googlare l’apertura alare di un condor delle Ande per farvi un’idea dell’imponenza di questi volatili. Mi pare che il programma voglia ricreare questo effetto: ammira il mostro nel sicuro del tuo salotto, magari sotto una bella coperta di plaid e sgranocchiando un biscotto.

Non riesco a comprendere quale dovrebbe essere altrimenti lo scopo di una trasmissione come quella di Franca Leosini che dà soltanto ancora spazio ai criminali superstar già ampiamente bollati e commentati dal pubblico e dai media. Lei, infatti, non fa alcun tentativo per ribaltare le sorti, la percezione, il caso che affronta. Pare, davvero, di ammirare ancora una volta il mostro dello zoo.

Per fortuna (o sfortuna) grazie alla massiccia dose di risonanza mediatica sui social network (in primis Twitter) il programma di Franca Leosini è approdato in prima serata. Forse è questo il lato che più mi lascia perplessa sulla fruizione di Storie maledette. Pare che molti telespettatori si concentrino di più sul lato ludico e altamente sofisticato del linguaggio della conduttrice anziché ricordarsi che davanti alla loro beniamina ci sono uomini e donne responsabili di omicidi.

Appunto come allo zoo tutti abbiamo visto quelli che picchiettavano sul vetro sperando in una reazione dell’animale dall’altra parte, così paiono i fedelissimi della Leosini. Sembra che sperino in qualche reazione folle dall’altra parte che ormai è assuefatta ai flash e alla celebrità.

Voto a Storie maledette? 5: non comprendo come e perché una televisione pubblica senta il dovere di mandare i primi piani del viso tumefatto e defunto di Pier Paolo Pasolini.

E tu cosa ne pensi di Storie maledette condotto da Franca Leosini?